LE 6 FORME DI SPRECO DELLE PMI

Le 6 forme di spreco delle PMI

I “muda” (termine giapponese che identifica attività inutili) che Ohno aveva identificato nelle filiere produttive sono:

  • Trasporto
  • Scorte
  • Movimenti
  • Tempo
  • Sovrapproduzione
  • Processi inefficaci
  • Prodotti difettosi

Taichi Ohno esperto di Kaz-Zen e TQM per Toyota“Taichi Ohno esperto di Kaz-Zen e TQM per Toyota”

Ispirandomi proprio ai 7 “muda” identificati da Taichi Ohno, esperto di Total Quality Ma- nagement, Lean Production e Kaizen (dal giapponese “cambiare in meglio”) mi sono ritrovato a dover identificare dei patterns tra tutti quegli sprechi che spesso ho incontrato lavo- rando come Business Coach con numerose aziende italiane annoverabili nella categoria delle Piccole-Medie imprese.

Le 6 forme di spreco delle PMI

Gli sprechi più frequenti che incontro spesso nel mio lavoro di Business Coach sono:

  1. IRRAGIONEVOLEZZA – Prefissare diversi obiettivi contemporaneamente, portandone forse uno a compimento.
  2. INCOERENZA – Non realizzare e non fare quello che ci si era riproposto, saltando da un compito ad un altro senza alcun senso.
  3. INCERTEZZA – Non aver chiari i misuratori delle performance (KPI).
  4. RIDONDANZA – Ripetere azioni, comunicazioni e politiche rivelatesi già inefficaci, tornando talvolta sugli stessi problemi più e più volte.
  5. APATIA – Continuare a fare ciò che si è sempre fatto, come lo si è sempre fatto, indipen- dentemente dai risultati.
  6. ELUCUBRARE – Pensare, condividere e confrontarsi sulle proprie teorie causali (ciò che spiega i motivi di ciò che funziona e di ciò che non funziona) senza una base di dati, informazioni, schemi o cultura.

Nella mia esperienza, più che ventennale, tutte queste forme di spreco sono penalizzanti e l’ultima è sicuramente la peggiore poiché capace di bloccare anche le aziende migliori ma soprattutto i talenti più genuini.

l motivo per il quale ho deciso di evidenziare questi 6 punti in maniera semplice ed intuiti- va, è quello di offrire una soluzione forte e stabile che possa dare uno sprint ed un’efficacia incredibile alle aziende o ai singoli imprenditori del business italiano.

Ho parlato di PMI (piccole – medio imprese), ma gli stessi problemi sono presenti anche nelle grandi aziende e nelle corporations internazionali. I metodi di soluzione sono applicabili a tutti i livelli, ovviamente in modi e tempi diversi.

La strategia di base consiste nel lavorare su individui e piccoli Team, da qui il paradigma del Kai-Zen ossia: apportare piccoli miglioramenti costantemente!

 6 PRATICHE EFFICACI PER LE PMI

6 PRATICHE EFFICACI PER LE PMI

Per ogni forma di spreco ho identificato e guidato ad attuare più volte con successo, quelle che ho definito le “Pratiche Efficaci per le PMI”.

1. IrragionevolezzaPIANIFICARE

Porsi pochi obiettivi chiari e per ogni obiettivo al massimo 5 risultati chiave misurabili, secondo il protocollo OKR sviluppato in Intel da Andy Grove e usato da aziende come Google e Microsoft.

2. Incoerenza – FARE

Lavorare a 300 km/h sui compiti prioritari, focalizzandosi pienamente e per cicli intensi. Seguendo il Framework SCRUM, una forma agile di gestione dei progetti che si ispira al principio “fare il doppio in metà tempo e senza errori”. Nella realtà statistica ad oggi risulta che si faccia almeno il triplo con errori. Scrum è stato sviluppato da Jeff Shuterland e Ken Schwaber e la lista delle aziende che lo usano è davvero considerevole, basti citare realtà come Salesforce e Microsoft. Google Venture usa con le Start-Up una variante simile sviluppata da Jake Knapp denominata SPRINT.

3. Incertezza – MISURARE

Creare dei criteri di feedback su tre piani paralleli:

– KPI oggettive e misurabili;

4. Ridondanza – CAMBIARE

Cambiare in poco tempo ciò che non funziona è scomodo e utilissimo. Se il feedback dimo- stra chiaramente che è importante creare una cultura di interventi rapidi. Non bisogna chiacchierarci su troppo a lungo (aspetto che coinvolge anche elucubrare), né continuare qualcosa che prima funzionava, se ormai non funziona più. Un limite può essere il suc- cesso: “ho fatto così in passato e ho avuto ottimi risultati”. Anche il mio bisnonno usava il cavallo per spostarsi, oggi ci sono le autostrade, anzi lo smart-working!

5. Apatia – SPERIMENTARE

Le idee vengono a chi le cerca. I problemi sono ottimi strumenti per esercitare la creatività; il problem-solving deve diventare un mindset (atteggiamento mentale) proiettato a inventare, sperimentare, fare modelling (imitare e ispirarsi) ad altri, anche di settori diver- si. Partire dalle domande: “come possiamo risolvere?” e “avendo la soluzione, quale sarebbe?”, la celebre tecnica AS IF della PNL Programmmazione Neuro-Linguisitica.

6. Elucubrare – FORMARSI E FARE RICERCHE

Il Problema devastante di persone ed aziende è: “secondo me…”; vecchie convinzioni, troppo autoreferenziali e scollegate da statistiche, dati, conoscenze tecniche e alle volte dagli aspetti contestuali. Ignoranza specifica di come funziona nel proprio campo o in altri. Mania di tuttologismo, ego spropositato e teorie di cento anni fa… meglio fermarsi perché la lista è davvero troppo lunga. Soluzione? Formarsi, sia su aspetti tecnici che trasversali (comunicazione, leadership). Fare ricerche, studiare, confrontarsi e anche sviluppare processi di “ideas generation” (generare idee) che coinvolgano chi è in prima linea. Di un muletto ne sa spesso molto più chi ci sta sopra e ci lavora otto ore al giorno, dell’ingegnere “bloccato” in ufficio. Il concetto di “Gemba” (andare sul luogo dell’attività) promosso dalla pratica del Kai-Zen.

La tentazione è di fare tutto insieme da domani, ma un bimbo ha bisogno di nove mesi per formarsi nella pancia di una mamma, ed un processo diviso in fasi ha bisogno di gradualità e focus costante sul miglioramento.

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